Storia del Carmelo

Nascita dell’ordine

L’ordine carmelitano nasce nel XII secolo ad opera di un gruppo di pellegrini in Terra Santa, probabilmente soldati reduci dalle crociate, che decise di ritirarsi in preghiera eremitica sulla cima del monte Carmelo. Carmelo significa «giardino fiorito di Dio», e come un giardino doveva apparire a chi vi giungeva attraversando il deserto o arrivava  in Palestina via mare.

La scelta di un monte come loro luogo di preghiera non è casuale. In molte religioni, infatti, esso rappresenta il punto il cui il cielo incontra la terra, la dimora degli dei da cui arriva la salvezza. Anche la Bibbia conserva queste credenze e le purifica: pensiamo al monte Sinai, luogo della rivelazione di Dio a Mosè mediante il roveto ardente e luogo della legge del Decalogo, o al monte Sion sul quale è nata la città santa di Gerusalemme, e pensiamo al monte Carmelo come luogo di predicazione del profeta Elia, a cui si deve il restauro dell’alleanza con Dio contro il culto dilagante di Baal.

Fu proprio grazie al carisma di questo grande profeta che tra il 1192 e il 1209, in seguito all’esito vittorioso delle crociate, non pochi soldati e pellegrini europei decisero di ritirarsi dal mondo sul Carmelo. Si chiamarono perciò «Eremiti del Carmelo» (o «Eremiti latini»). Qui costruirono una cappella e la dedicarono alla Madonna che fu eletta loro patrona e si affidarono alla Sua protezione per vivere nell’Obsequium a Gesù Cristo. La loro era una vita semplice: durante la settimana si dedicavano alla preghiera, lavoravano artigianalmente e coltivavano la terra e durante il sabato e la domenica si radunavano per la liturgia comune. Ben presto, però, sentirono l’esigenza di una regola che garantisse loro di non essere esposti ad emarginazione da parte delle autorità politiche, militari ed ecclesiastiche, e si rivolsero all’allora patriarca di Gerusalemme sant’Alberto Avogadro, che li costituì in collegium e mutò la loro condizione da associazione volontaria a fraternità sotto la giurisdizione ecclesiastica. Nel 1207 circa venne scritta la Regola primitiva.

 

La regola primitiva

1 Alberto, per grazia di Dio Patriarca della Chiesa di Gerusalemme, ai diletti figli in Cristo B. e agli altri eremiti che, sotto la sua obbedienza, dimorano accanto alla Fonte al Monte Carmelo, salute nel Signore e benedizione dello Spirito Santo.

2 Molte volte ed in molte maniere i santi Padri hanno stabilito in che modo ciascuno, in qualsiasi Ordine si trovi o qualunque forma di vita religiosa abbia scelto, debba vivere nell’ossequio di Gesù Cristo e servire fedelmente a Lui con cuore puro e con buona coscienza.

3 Tuttavia, siccome ci chiedete di darvi una norma di vita in conformità al vostro proposito, secondo la quale dovrete regolarvi in avvenire:

4 Stabiliamo anzitutto che abbiate come Priore uno scelto tra voi, il quale venga eletto a questo ufficio per unanime consenso di tutti o della parte più numerosa e sana; al quale ciascuno degli altri prometta obbedienza e, avendola promessa, si sforzi poi di tradurla in pratica insieme con la castità e con la rinunzia al diritto di proprietà.

5 Potrete avere delle dimore negli eremi o dove vi saranno state donate, adatte e convenienti alla osservanza della vostra vita religiosa, secondo quanto sembrerà opportuno al Priore ed ai fratelli.

6 Inoltre, secondo lo spazio della dimora che avrete stabilito di abitare, ciascuno di voi abbia una cella separata, che verrà assegnata ad ognuno per disposizione dello stesso Priore e col consenso degli altri fratelli o della parte più sana.

7 In maniera tale, però, che consumiate nel refettorio comune i cibi che vi saranno dati, ascoltando in comune la lettura di qualche passo della Sacra Scrittura, ove potrà farsi comodamente.

8 Non è lecito ad alcun fratello cambiare la dimora assegnatagli o permutarla con altri, se non col consenso del Priore in carica.

9 La cella del Priore sia presso l’ingresso della dimora, affinché egli sia il primo a incontrarsi con chi arriva alla suddetta dimora; e poi tutte le cose che si debbono fare si facciano secondo il volere e la disposizione di lui.

10 Ciascuno rimanga nella propria cella o nelle vicinanze di essa, meditando giorno e notte nella legge del Signore e vigilando in orazione, a meno che non sia giustamente occupato in altre mansioni.

11 Coloro che sanno recitare le Ore canoniche coi chierici, le recitino secondo le prescrizioni dei santi Padri e la consuetudine approvata dalla Chiesa. Quelli che non le sanno recitare, dicano venticinque Pater noster per la preghiera della veglia notturna, eccetto le domeniche e le feste solenni, nei quali giorni stabiliamo che il suddetto numero venga raddoppiato, in maniera che si dicano cinquanta Pater noster. La medesima orazione venga detta sette volte per le Lodi del mattino. Anche per le altre Ore si dica sette volte la medesima orazione per ciascuna Ora, eccetto che per i Vespri, in cui deve essere detta quindici volte.

12 Nessun fratello dica che una cosa è di sua proprietà, ma tutte le cose abbiatele in comune e vengano distribuite dal Priore, ossia dal fratello da lui designato a questo scopo, tenendo conto dell’età e delle necessità di ciascuno.

13 Potete anche avere degli asini o dei muli, qualora dovessero bisognarvi, e qualche allevamento di animali o volatili.

14 Nel mezzo delle celle venga costruito, nel modo più conveniente, l’oratorio, nel quale dovete adunarvi la mattina di ogni giorno per ascoltare la Messa, ove si potrà fare comodamente.

15 Nelle domeniche, oppure in altri giorni, riunitevi anche per trattare, se vi sarà bisogno, dell’osservanza dell’Ordine e della salvezza delle anime ed in questa occasione si correggano con carità le mancanze e le colpe che eventualmente si fossero riscontrate in qualche fratello.

16 Osservate il digiuno tutti i giorni, eccettuate le domeniche, dalla festa dell’Esaltazione della santa Croce fino alla domenica di Risurrezione, a meno che la malattia o la debolezza del corpo o un’altra giusta causa, non consigli di rompere il digiuno, perché la necessità non ha legge.

17 Astenetevi dal mangiar carne, almeno che non ne dobbiate prendere come rimedio alla malattia o debolezza di costituzione. E siccome è necessario che trovandovi in viaggio molto spesso dobbiate mendicare, affinché non siate di peso a chi vi ospita, fuori delle vostre dimore, potrete fare uso di vivande cotte con carne; sul mare, poi, vi sarà lecito di cibarvi anche con carne.

18 Siccome, poi, la vita dell’uomo sulla terra è un combattimento, e tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo debbono sostenere delle lotte e inoltre siccome il vostro nemico, il diavolo, vi gira attorno come un leone ruggente, cercando chi divorare, attendete con ogni sollecitudine ad indossare le armi di Dio, affinché abbiate ad essere vincitori contro le insidie dell’avversario.

19 I fianchi debbono cingersi col cingolo della castità; il petto deve fortificarsi con pensieri santi, perché sta scritto: il pensiero santo ti renderà incolume. Bisogna indossare la corazza della giustizia, in modo che abbiate ad amare il Signore Dio vostro con tutto il cuore, e con tutta l’anima e con tutta la forza, e il prossimo vostro come voi stessi. In tutte le cose deve impugnarsi lo scudo della fede, per mezzo del quale possiate spegnere tutti i dardi infuocati del maligno: difatti senza la fede è impossibile piacere a Dio. Deve inoltre essere posto sul capo l’elmo della salvezza, affinché attendiate la salvezza dall’unico Salvatore, il quale libererà il suo popolo dai suoi peccati. Infine, la spada dello spirito, che è la Parola di Dio, abiti in abbondanza nella vostra bocca e nei vostri cuori; e tutte le cose che dovete fare, fatele nel nome del Signore.

20 Dovete fare qualche lavoro, affinché il diavolo vi trovi sempre occupati e non abbia a entrare nelle vostre anime attraverso il vostro ozio. Avete in questo l’insegnamento e insieme l’esempio del beato apostolo Paolo, per bocca del quale parlava Cristo, il quale fu costituito e dato da Dio, come predicatore e dottore delle genti nella fede e nella verità; seguendo lui non potrete sbagliare. Abbiamo vissuto tra voi - egli dice - impegnati notte e giorno nella fatica e nel lavoro per non essere di peso ad alcuno di voi; non che non ne avessimo la facoltà, ma per dare in noi stessi a voi un esempio da imitare. Infatti quando eravamo presso di voi, questo precetto vi davamo, che se uno non vuol lavorare non deve neppur mangiare. Ma sentiamo dire che alcuni tra voi si conducono disordinatamente, non facendo nulla. Ora a sì fatti noi prescriviamo ed esortiamo nel Signore Gesù Cristo che mangino il loro pane lavorando in silenzio: questa via è santa e buona; camminate in essa.

21 L’Apostolo raccomanda poi il silenzio, nel prescrivere di lavorare silenziosamente, e come afferma il Profeta: il culto della giustizia è il silenzio e inoltre: nel silenzio e nella speranza sarà la vostra forza. Stabiliamo pertanto che, dopo la recita di Compieta, osserviate il silenzio fino alla recita di Prima del giorno seguente. Nell’altro tempo, quantunque non si abbia l’osservanza scrupolosa del silenzio, si eviti tuttavia di parlar troppo; poiché, come sta scritto e come non meno insegna l’esperienza, nel parlare troppo non potrà mancare la colpa, e chi parla sconsideratamente ne subirà le cattive conseguenze. Inoltre, chi fa uso di molte parole danneggia la propria anima. E il Signore nel Vangelo: di ogni parola inutile uscita dal labbro degli uomini, essi renderanno conto nel giorno del Giudizio. Ciascuno quindi pesi con la bilancia le sue parole e faccia uso di freni severi per la sua bocca, per evitare di sdrucciolare e di cadere in colpa mediante la lingua, e la sua caduta divenga incurabile e conduca alla morte. Custodisca col Profeta le sue vie, per non commettere colpe con la sua lingua e si sforzi di osservare con diligenza e con attenzione il silenzio, in cui è posto il culto della giustizia.

22 Tu, poi, o fratello B., e chiunque dopo di te verrà istituito Priore, abbiate sempre nella mente ed osservate nelle opere quello che il Signore dice nel Vangelo: chi tra voi vuole essere più grande sarà vostro servo e chi vuole essere il primo sarà vostro schiavo.

23 E voi tutti, o fratelli, onorate umilmente il vostro Priore, ravvisando in lui, più che lui stesso, Cristo il quale lo ha posto alla vostra guida, ed ai capi delle Chiese dice: chi ascolta voi ascolta me e chi disprezza voi disprezza me, affinché non abbiate a rendere conto di non averlo onorato, ma abbiate a meritarvi, con l’obbedienza, il premio della vita eterna.

24 Abbiamo scritto brevemente per voi queste cose, proponendovi il metodo di vita secondo il quale dovete regolare la vostra condotta. Se poi qualcuno avrà fatto di più, il Signore stesso lo rimunererà al suo ritorno; tuttavia si faccia uso della discrezione, la quale è la moderatrice delle virtù.

 

Il passaggio in Occidente

Un primo spostamento in Europa avvenne nel 1235, anno in cui due fedeli, Pierre de Corbie e un compagno, ebbero il permesso da Gioacchino Tuepain di fondare una chiesa e un convento dedicato alla Vergine Maria a Valencienne (Francia) nel quartiere dei conciatori. Tuttavia, l’esodo generale e quasi totale degli eremiti carmelitani avvenne a partire dal 1238, quando la Terra Santa veniva progressivamente rioccupata dai saraceni. Qui dovettero adattarsi a uno stile di vita differente, e la vicinanza alle città favorì il proliferare di una certa vita comunitaria. Gli eremiti divennero ben presto mendicanti, sull’esempio dei francescani e dei domenicani, e si riunirono in conventi. Per conformare la Regola primitiva alla nuova situazione culturale e sociale, il priore generale Simone Stock, successivamente venerato come santo dalla Chiesa cattolica, si rivolse al papa Innocenzo IV che nel 1251 approvò la nuova Regola e garantì all’Ordine una particolare protezione anche da parte della Santa Sede.

 

La riforma teresiana e i carmelitani scalzi

Nella seconda metà del XV secolo, alcuni movimenti di riforma cominciarono a diffondersi nell’Ordine, ed è proprio in questo clima che, grazie al padre generale Giovanni Soreth, vennero fondate le monache carmelitane. Ma quella che indubbiamente fu la riforma più importante e che ebbe maggior sviluppo, fu quella avviata in Spagna da santa Teresa d’Avila. Entrata fra le carmelitane della sua città presso il monastero dell’Incarnazione quando era poco più che ventenne, vi rimase fino al 1562, quando insieme a un gruppetto di suore riunite nella sua cella, decise di tornare all’antico spirito eremitico carmelitano e fondò il monastero di san Giuseppe. L’ideale della riforma teresiana è insieme contemplativo e apostolico e i mezzi essenziali per il suo raggiungimento sono l’orazione, lo zelo apostolico, la solitudine (silenzio, ritiro, clausura), la vita comunitaria (piccoli gruppi, vita fraterna, libertà spirituale, umanesimo), lo spirito mariano, l’ascesi e il lavoro.

Grazie all’adesione di san Giovanni della Croce, la riforma teresiana si estese anche al ramo maschile dell’Ordine. Tuttavia, nel 1593, si dovette chiedere a Roma la separazione giuridica, poiché una parte dell’Ordine non aveva compreso e accettato la revisione di Teresa. Da allora esistono due famiglie di carmelitani: i Carmelitani dell’Antica Osservanza (o Calzati) e i Carmelitani Scalzi o Teresiani. Per diversi secoli entrambi gli ordini hanno vissuto con una certa diffidenza reciproca e ciascuno ha costituzioni e un governo proprio. Malgrado queste divisioni, il movimento carmelitano riscosse parecchio successo anche tra i laici con l’istituzione del Terz’Ordine Carmelitano e delle Confraternite dello Scapolare del Carmine.

 

Lo scapolare della Madonna del Carmine e la prima grande promessa a san Simone Stock

La devozione allo scapolare del Carmine è una devozione molto antica. Da oltre sette secoli, infatti, i fedeli lo indossano per assicurarsi la protezione della Vergine in tutte la necessità della vita e per ottenere, mediante la sua intercessione, la salvezza eterna e la liberazione dal Purgatorio. La promessa di questi Privilegi dello Scapolare venne fatta dalla Madonna a san Simone Stock, e successivamente a papa Giovanni XXII.

Simone Stock fu un religioso inglese che, secondo la leggenda, si ritirò a vita eremitica sotto una quercia a soli dodici anni. Dopo un pellegrinaggio in Terra Santa, maturò la decisione di entrare come frate nell’Ordine Carmelitano, di cui diventò priore generale nel 1247. Fu lui che, dopo aver chiesto a Maria un privilegio per i Carmelitani, ricevette il dono dello Scapolare (o abitino) il 16 luglio 1251. La Regina del Cielo, apparendo tutta raggiante di luce, così gli parlò: «Prendi, figlio dilettissimo, prendi questo scapolare del tuo Ordine, segno distintivo della mia Confraternita, privilegio a te e a tutti i Carmelitani. Chi morrà rivestito di questo abito non soffrirà il fuoco eterno; questo è un segno di salute, di salvezza nei pericoli, di alleanza di pace e di patto sempiterno». Questa prima Grande Promessa non va interpretata come un biglietto di sola andata per il Paradiso per tutti coloro che indosseranno lo scapolare ma si sentiranno legittimati a condurre una vita peccaminosa e priva di meriti, bensì come un impegno, da parte della Vergine, di convertire il peccatore che lo indossa con fede e devozione, fino in punto di morte.

 

Imposizione dello scapolare e condizioni

Il primo scapolare, che non è altro che la forma ridotta dell’abito dei Carmelitani, deve essere benedetto e imposto da un sacerdote, preferibilmente presso un convento di Carmelitani, con una specifica formula di consacrazione alla Madonna. Deve essere necessariamente di panno di lana e non di altra stoffa, di forma rettangolare o quadrata e di colore nero o marrone. Qualora per qualcuno non fosse possibile portare l’abitino di lana, può essere sostituito, dopo la prima imposizione, da una medaglietta che abbia da una parte l’immagine del Sacro Cuore di Gesù e dall’altra quella della Beata Vergine del Carmelo. Può essere lavato e in caso di eccessiva usura può essere sostituito da uno nuovo che non ha bisogno di benedizione; lo scapolare vecchio va conservato o bruciato. L’abitino deve essere indossato giorno e notte fino alla morte, precisamente al collo, in modo che una parte cada sulle spalle e l’altra sul petto. Non partecipa alla grande promessa chi lo porta in tasca o nella borsetta, chi lo porta appuntato al petto o chi lo ha portato tutta la vita e lo toglie in punto di morte. Indossarlo non comporta particolari impegni se non quelli di osservare gli esercizi di pietà approvati dalla Chiesa; è raccomandata la recita quotidiana del Santo Rosario. Procura inoltre un’indulgenza parziale, il cui valore aumenta in proporzione alla pietà e al fervore di ciascuno.

 

La seconda grande promessa a papa Giovanni XXII: il privilegio sabatino e le condizioni per ottenerlo

Il privilegio sabatino è la seconda grande promessa riguardante lo Scapolare del Carmine che la Madonna fece ai primi del Trecento al pontefice Giovanni XXII. Questo grande privilegio consente di ridurre il tempo di ‘sosta’ in Purgatorio a massimo una settimana; infatti, chi lo riceve verrà condotto in Paradiso il primo sabato dopo la morte. Al contrario della prima grande promessa, dove indossare l’abitino con fede e devozione è sufficiente per essere guidati in vita dalla Vergine e preservati della fiamme dell’Inferno dopo la morte, il privilegio sabatino richiede anche che si recitino alcune preghiere e si seguano determinati sacrifici e astinenze in nome di Maria:

1 Portare, giorno e notte indosso, l’abitino, come per la prima grande promessa.  

2 Essere iscritti nei registri di una confraternita carmelitana ed essere, quindi, confratelli carmelitani.  

3 Osservare la castità secondo il proprio stato. 

4 Recitare ogni giorno le ore canoniche (cioè l'Ufficio Divino o il Piccolo Ufficio della Madonna). Chi non sa recitare queste preghiere, deve osservare i digiuni della S. Chiesa (salvo se non è dispensato per legittima causa) e astenersi dalle carni, nel mercoledì e nel sabato per la Madonna e nel venerdì per Gesù, eccetto il giorno del Santo Natale.

N.B.: L’astinenza dalle carni può essere sostituita con una qualsiasi altra penitenza, l’importante è che ci si rivolga a un sacerdote.