La statua della Madonna

Entro il 1790 la confraternita del Carmine decise di sostituire all’antico dipinto della Madonna una statua lignea. I motivi della sostituzione furono almeno tre: un maggiore coinvolgimento emotivo, dato dalla tangibilità della scultura, infinitamente più realistica di un quadro; un investimento estetico, mediante il quale il sodalizio si dotava di un prestigioso oggetto d’arte con cui identificarsi e qualificarsi; un bisogno pratico, considerata l’eventuale funzione processionale del simulacro, ritenuto più adatto del quadro ad essere condotto per le vie cittadine.

La confraternita, retta dal priore notaio Giovanni Greco, commissionò la statua ai fratelli Michele e Gennaro Trillocco, tra i migliori allievi e collaboratori del celebre artista napoletano Giuseppe Sanmartino, che quasi certamente la scolpirono su bozzetto dello stesso maestro. L’opera costò 52,50 ducati, pagati nell’estate del 1790, anno di realizzazione dell'opera. Fu nominato procuratore per la convenzione tra la confraternita e gli artisti il confratello Nicola Masselli (il documento di pagamento è stato rinvenuto e pubblicato da Christian de Letteriis: cfr. il suo saggio Marmi napoletani a San Severo: l’altare maggiore e la balaustrata della Cattedrale, in Atti del 31° Convegno nazionale sulla Preistoria - Protostoria - Storia della Daunia, a cura di A. Gravina, San Severo, Archeoclub d’Italia, 2011, p. 275).

Il volto della MadonnaMirabile sintesi del gusto napoletano tardosettecentesco, imbevuto di straordinarie memorie e plastiche e pittoriche, il simulacro raffigura la Madonna del Carmine delicatamente seduta su una nuvola nell'atto di porgere colla destra lo scapolare. Il volto, dolce e sereno, è illuminato da un sorriso ineffabile. Colla sinistra la Vergine tiene il Bambino, nudo, in piedi e colle gambe incrociate, un fanciullo vezzoso, vivissimo, che sembra addirittura giocare collo scapolare, tenuto elegantemente tra le mani. La prodigiosa invenzione e l’eccelsa qualità scultorea collocano quest’opera ai vertici della scultura lignea del secondo Settecento.

L’eccezionale valore artistico del manufatto fu sempre tenuto ben presente dai confratelli, che lo custodirono con estrema cura e non ne permisero mai manomissioni, salvo parziali ridipinture, limitate ai panneggi, per porre rimedio all'usura derivante dalle processioni. L’unica alterazione, attuata allo scopo di accrescere la ricchezza dell’effigie, fu infatti il rivestimento in metallo sbalzato del pedanino, adornato con piccoli putti a fusione, un intervento del tardo Ottocento che, lungi dal compromettere l’opera, la valorizzò. Il restauro conservativo, condotto nel 2002 dal prof. Raffaele D’Amico sotto la supervisione della competente Soprintendenza, oltre a pulire gli incarnati dalle vernici e dallo sporco e a sanare crepe e piccoli danni, ha comunque riportati alla luce i pigmenti originali dei panneggi (il giallo del velo, il chiarissimo verde acqua delle maniche, il rosa antico della veste), eccezion fatta per il manto celeste, originariamente più scuro, radicalmente sostituito nell'Ottocento coll'attuale e dunque non più ripristinabile.

Riproduzione ottocentescaLa consapevolezza dei confratelli di essere proprietari e custodi non di un semplice oggetto di devozione ma di un vero e proprio capolavoro è documentata finanche nei programmi dei festeggiamenti, in cui non di rado si legge della processione col simulacro «artistico». Nel manifesto del 1910 l'arciconfraternita scrisse addirittura: «La statua del Carmelo – cospicua opera di bellezza e che rivela il sentimento di un artista acceso da ideali visioni paradisiache – sarà portata trionfalmente per la città, attraversando il giro esterno, unita ad altri santi che le faranno corona».

La grande fortuna della nuova iconografia carmelitana è testimoniata, inoltre, dalle innumerevoli riproduzioni in scala ridotta per la devozione domestica, statuette policromate di varia dimensione, in legno, in terracotta, in creta cruda o in cartapesta, che furono prodotte in gran numero, a Napoli o in città. Statuette otto e novecentesche sono presenti in molte abitazioni sanseveresi, e non solo. La fama della bellezza dell’effigie, infatti, superò i confini cittadini e si diffuse ben oltre il circondario, come testimonia, per esempio, l’esistenza di piccole riproduzioni del capolavoro dei Trillocco in varie località pugliesi (quella della fotografia a lato è conservata nel Museo della pietà popolare annesso alla Basilica della Madonna dei Martiri a Molfetta).

L'eccellenza della scultura sanseverese, infine, è stata riconosciuta anche dalla Curia Generalizia dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi che, per pubblicizzare la festa di luglio del 2012 sul sito ufficiale del Carmelo Teresiano (http://www.carmelitaniscalzi.com/) sia in lingua italiana sia nelle lingue inglese e francese, ha scelta una fotografia della splendida statua della nostra arciconfraternita.