LA FESTA DI SANT'ANTONIO AL CARMINE

Perché mai sant'Antonio di Padova, un santo francescano, si festeggia in una chiesa carmelitana?

La risposta la troviamo nell'archivio storico dell'Arciconfraternita, un prezioso giacimento di centinaia di documenti dal Seicento al primo Novecento che, non si sa bene perché, si credeva distrutto mentre era semplicemente conservato in un apposito grande armadio nel salone della nostra chiesa. Attualmente in fase di riordino, l'archivio, che sulla base degli antichi inventari si è rivelato sostanzialmente integro (risultano dispersi solo due volumi e alcune carte), sta svelando un gran numero di importanti dati storici, finora ignorati, che saranno prossimamente pubblicati.

Tra le carte dell'archivio, un gruppo è dedicato all'Opera del Pane di Sant'Antonio, nata sul finire del 1895 su proposta del segretario dell'Arciconfraternita Antonio Irmici. Lo stesso Irmici, a mo' di memoriale dei primi anni di vita dell'istituzione benefica, scrisse nel 1898 (ma aggiornandola fino al 1905) una dettagliata cronaca, dai risvolti degni di un romanzo, tra gelosie, intoppi, accuse, periodi bui, miracoli e il sostegno a distanza di un sacerdote campano. È da questa cronaca, soprattutto, che deriviamo i dati qui riportati.

Bisogna considerare che la scelta della nostra Arciconfraternita dipese anche dal fatto che le tre chiese francescane della città, ossia San Francesco, i Cappuccini e San Matteo, in quel periodo non erano più tali: la prima, dedicata proprio a sant'Antonio, era diventata cappella dell'Orfanotrofio delle suore vincenziane, mentre le altre due erano chiuse, i relativi conventi essendo stati soppressi.

Nonostante l'assenza dei francescani, in città la devozione al santo di Padova non era mai venuta meno. In San Francesco e in Cattedrale, tra l'altro, si veneravano statue del santo. Al Carmine, però, la devozione antoniana si espresse mediante l'Opera del Pane, un'istituzione caritativa che raccoglieva denaro per aiutare i poveri, distribuendo gratuitamente pane e sostenendo l'orfanotrofio e altre pie istituzioni cittadine.

Primo sostenitore dell'Opera fu il confratello Ferdinando Parisi, allora primo assistente dell'Arciconfraternita, che diede la prima offerta. Il priore, Giuseppe de Lucretiis, pagò l'importo per l'acquisto di un quadro del santo. Eretto l'altare, che si trovava sotto l'organo a canne, i devoti fecero a gara per ornarlo. Il quadro, acquistato a Milano, fu esposto il 15 dicembre 1895 in una ricca cornice, offerta dal confratello Domenico Parisi, circondata da una grande raggiera in metallo dorato.

Avviata con grande successo popolare l'Opera del Pane, nel 1899 si decise di far realizzare una statua da sostituire al quadro, commissionandola allo scultore napoletano Enrico Pedace. Si scelse di ritrarre il santo che porge il pane a un bambino povero. Il costo della statua, 1660 lire, fu sostenuto dallo stesso Domenico Parisi, mentre Simone Mascia offerse le 400 lire necessarie per le aureole e il giglio d'argento. Entrambi gli offerenti, tra l'altro, morirono prima che l'effigie giungesse a Sansevero nel 1901. Mentre Pedace scolpiva la statua, il vescovo Gargiulo, temendo evidentemente che sant'Antonio passasse per un 'socialista', si oppose a questa iconografia, e solo dopo la sua morte, nel 1905, si potè esporre in chiesa la bella effigie, che fu provvisoriamente conservata per quattro anni in casa Parisi.

L'Opera del Pane ha prosperato per decenni, facendo del bene a tanti, soprattutto durante le guerre mondiali. Nelle cartelle che documentano la distribuzione del pane e gli aiuti economici, non si contano le richieste di aiuto e i ringraziamenti. Molte, a riguardo, sono le lettere del Servo di Dio don Felice Canelli.

I Cappuccini, rientrati nel loro convento negli anni trenta del secolo scorso, acquistarono una statua di sant'Antonio e dal 1939 organizzarono ogni anno la festa del santo, in seguito anche con processione. Ciononostante, la festa liturgica del taumaturgo padovano al Carmine non è mai venuta meno, e la cassetta dell'Opera del Pane è tuttora ai piedi dell'altare del santo, testimone di una storia di carità e di devozione che fa onore alla nostra città.